NOTIFICA PEC CARTELLA ESATTORIALE: i Vizi che Possono Annullarla
- Avv. Alberto Bindi

- 3 nov
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 18 nov
Notifica PEC cartella esattoriale: Hai ricevuto una cartella via PEC e pensi che, avendola aperta, non ci sia più nulla da fare? Non è sempre così. La Cassazione è diventata molto severa, ma esistono ancora dei vizi tecnici che possono portare all'annullamento del debito.
Aggiornato al 18/11/2025
Molti credono che ricevere una cartella di pagamento tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) non lasci spazio a margini di incertezza circa la correttezza della notificazione; in parte è vero: la legge, infatti, assicura a questo sistema di notificazione una grande certezza; tuttavia, proprio le formalità richieste dalla procedura telematica di notifica sono spesso fonte di errori che, se analizzati da un occhio esperto, possono trasformarsi in decisive strategie di difesa. Ho assistito diversi clienti alle prese con atti dell'Agenzia delle Entrate e/o dell'Agente della Riscossione - non solo a Firenze dove ho lo studio ma in tutta Italia (leggi se vuoi i casi giudiziari di cui mi sono occupato oppure segui/guarda/ascolta i ns. blog, video e podcast) - e ho maturato molta esperienza al riguardo; in questa guida pratica, ti svelo alcuni vizi che devi verificare per capire se hai la possibilità di contestare efficacemente l'atto che hai ricevuto via PEC.
INDICE
1. Il Principio Fondamentale: Il "Raggiungimento dello Scopo"
Prima di analizzare i vizi, è fondamentale che tu capisca un concetto chiave che la Corte di Cassazione utilizza sempre più spesso: il principio del "raggiungimento dello scopo".
Cosa significa in parole semplici? Se l'atto, nonostante un'irregolarità formale, è arrivato al tuo indirizzo PEC e tu hai potuto leggerlo e presentare ricorso, l'obiettivo della notifica (portarti a conoscenza dell'atto) è stato raggiunto. Secondo la Cassazione questo "sana" molti vizi procedurali e rende la difesa molto più difficile, ma non impossibile. Esistono infatti dei vizi che non sono mere "irregolarità", ma veri e propri errori che minano alla base la validità giuridica della notifica. Vediamoli insieme.
2. La Prova della Notifica: Perché una Stampa della Ricevuta Non Basta
Questa è una delle questioni più importanti. Se decidi di fare ricorso e l'Agente della Riscossione si presenta in giudizio, deve provare di averti notificato correttamente la cartella esattoriale. Spesso, si limita a depositare una semplice stampa in PDF della ricevuta di avvenuta consegna (RAC). Questo però non è sufficiente. Immagina di ricevere una raccomandata: la ricevuta di ritorno prova che hai ricevuto una busta, ma non cosa c'era dentro. Allo stesso modo, una stampa della ricevuta PEC prova la consegna di un "contenitore" digitale, ma non dimostra che al suo interno ci fosse proprio quella specifica cartella di pagamento.
L'unica prova che conta è il file .eml originale.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16189 dell'8 giugno 2023, è stata chiarissima: la prova della notifica a mezzo PEC deve essere fornita depositando in giudizio l'atto e le ricevute nel loro formato originale, cioè .eml o .msg. Questo file è il "DNA" del messaggio di posta: contiene tutti i dati originali (mittente, destinatario, data, allegati) che ne garantiscono l'integrità e l'immodificabilità. Solo analizzando questo file un giudice può avere la certezza assoluta del contenuto della comunicazione.
Consiglio pratico: se in giudizio l'ente produce solo stampe PDF della notifica, contesta subito l'inidoneità di tale prova richiamando questa fondamentale sentenza. Potrebbe essere la chiave per vincere il ricorso.
3. Il Formato dell'Allegato: la Battaglia (ormai persa) tra PDF e P7M
Un'altra obiezione molto comune in passato riguardava il formato del file allegato (e cioè la cartella esattoriale) alla PEC: doveva essere un PDF semplice o un file firmato digitalmente in formato CAdES (con estensione.p7m ? La tesi era che solo il formato .p7m garantisse l'autenticità e l'immodificabilità dell'atto. Su questo punto, purtroppo per il contribuente, la Cassazione ha ormai consolidato un orientamento molto chiaro: il formato PDF è legittimo. Con la sentenza n. 28852 del 18 ottobre 2023, la Suprema Corte ha stabilito che la notifica è valida sia con un file "nativo digitale" sia con una semplice "copia informatica" (scansione) in formato PDF. Ha inoltre precisato che "nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento... venga poi sottoscritta con firma digitale".
In sintesi: basare la tua difesa solo sul fatto che l'allegato alla PEC è un PDF e non un P7M è una strategia con bassissime probabilità di successo. Meglio concentrare le energie su altri vizi più solidi.
4. L'Indirizzo del Mittente: Quando un Indirizzo "Sconosciuto" Invalida la Notifica
La legge prevede che le notifiche telematiche debbano provenire da indirizzi PEC presenti in pubblici elenchi (come INI-PEC o IPA) per garantire la certezza della provenienza. Cosa succede se l'Agenzia delle Entrate-Riscossione ti scrive da un indirizzo non presente in questi registri? Anche in questo caso, la Cassazione ha adottato un approccio "sostanzialista", basato sul principio del raggiungimento dello scopo. Con diverse sentenze recenti (tra cui Cass. n. 564 del 08/01/2024 e Cass. n. 14409 del 29/05/2025), ha affermato che la notifica è valida se il mittente è comunque chiaramente riconoscibile (ad esempio, dal dominio @pec.agenziariscossione.gov.it). Tuttavia, la porta non è del tutto chiusa. La nullità potrebbe ancora essere eccepita se riesci a dimostrare un pregiudizio concreto al tuo diritto di difesa.
Esempio pratico: potresti argomentare in giudizio che, avendo ricevuto la PEC da un indirizzo non ufficiale e temendo un tentativo di phishing o l'invio di un virus, hai deciso di non aprire l'allegato per motivi di sicurezza, venendo a conoscenza del debito solo in un secondo momento. È un'argomentazione difficile da provare, ma è l'unica strada percorribile per contestare questo specifico vizio.
5. Conclusioni
Come hai visto, la validità di una notifica PEC si gioca su dettagli tecnici e su una profonda conoscenza degli orientamenti, spesso mutevoli, della giurisprudenza. Contestare un atto ricevuto via PEC non è impossibile, ma il "fai-da-te" è estremamente rischioso. La battaglia non si vince più sul "se" l'atto è arrivato, ma sul "come" è arrivato e sul "come" l'ente ne dà prova in tribunale. Se hai ricevuto una cartella esattoriale via PEC e hai dubbi sulla sua validità, non aspettare affronta subito al questione!
Dal mio studio di Firenze ho aiutato clienti in tutta Italia (leggi se vuoi i casi giudiziari di cui mi sono occupato oppure segui/guarda/ascolta i ns. blog, video e podcast) a risolvere complesse situazioni legate a cartelle esattoriali; se anche tu hai ricevuto una cartella di pagamento e hai bisogno di assistenza per decidere quale è la migliore opzione nel tuo caso specifico puoi richiederci una pre-analisi gratuita cliccando su questo link.
Avv. Alberto Bindi